Barbara Tosi - 1983


Un segno è l'esemplare parlato

L'universo di un artista è sempre un luogo di infinite e mobili presenze. Allo stesso modo, quello di Simona Weller è popolato di memorie d'arte, di letteratura, di personaggi, quadri e immagini.
Tutto questo mondo articolato e vivido, se da una parte lascia un segno indelebile del suo passaggio, dall'altra è vanificato dalla creatività dell'artista che lo fa suo e lo assorbe a favore di una originale e unica produzione.

Riconoscere nel lavoro gli elementi costitutivi della pittura di Braque: il "valse", o i ritagli di stoffa o la dipinta e mimetica carta da parati, sono più di una memoria, una vera e propria citazione a testimone di quello che costituisce il back-ground culturale e visivo dell'artista.
Chiamare sulla tela storiche porzioni di immagini, senza per questo influenzarne il lavoro nello spirito è possibile solo nel caso in cui questo sia saldamente formato.

Il tirocinio di una pratica di lavoro è la lunga strada che l'artista percorre per giungere sempre ad una meta, che all'arrivo è subito abbandonata.
In questo andare fitto di scoperte, di rapide voltate all'indietro solo per procedere veloci nel cammino della propria tela ideale, che si srotola, incalzata dai colpi di pennello, le immagini compongono il filo logico del proprio procedere.
Le parole assiepate, inintelligibili, sole, hanno, da molto tempo, abitato le tele di Simona Weller, sino ad allungarsi, sciogliersi, deformarsi, ridursi all'essenzialità di una scrittura ormai segreta di segni e colore.
Mentre l'artista scrive ciò che solo raramente diviene parola, la sua traduzione pittorica avviene elegante e leggera, non priva di una garbata ironia. È allora che "Un segno è l'esemplare parlato".

Le parole ormai scaturiscono tutte insieme in un vocìo paradossalmente muto; afone si colorano e guizzano animate in ogni angolo della tela.
I titoli dei quadri giocano allegri e ironici e se da una parte sono il frutto dell'abile penna di Gertrude Stein, dall'altra sono il risultato dell'accorto raccolto di Simona Weller.
In questo modo "L'ode alle ciglia di una signora" fa da contrappunto e conferma che "Un posto non è un tavolo nuovo", del resto tutti sanno che "Un pezzo di caffè non fa perdere tempo", mentre è con una certa circospezione che si può affermare che "In una cintura bianca tutte le ombre sono singolari"; ma tutto ciò lascia il posto sia al didascalico "Come è scritta la pittura", sia alla saggia opzione "Scegli suole grandi e pochi litigi" etc. …
Un gioco che non scherza, ma lieve si deposita a conferma delle infinite possibilità delle ineffabili qualità femminili.
Sebbene non esista una distinzione tra arte femminile o maschile, esistono, invece, le qualità distinte del maschile e del femminile, che a prescindere dal sesso dell'artista emergono dalle tele.

Come una proiezione della più celata intimità i quadri rivelano nelle forme e nei colori molto di più di cosa mostrano: un'anima nuova, solo a loro propria, frutto dell'intreccio di disparati elementi.
Se nell'affabulazione a volte caotica, ma sempre intensa del dire femminile di questi ultimi dieci anni, le parole si sono affastellate sino al silenzio, mentre il pensiero è continuamente in fermento; allo stesso modo il dire pittorico di Simona Weller si è materializzato, condensato sulla tela in una pasta cromatica e in forme, che, naturali, escono da un pennello saggio e consapevole.
Nello scorrere acuto e prensile dello sguardo ogni occhio informato potrà cogliere in questa occasione espositiva il percorso della pittura dell'artista.

Roma, Gennaio 1983