Claudio Strinati - 2007


Simona Weller: tra Caos e Cosmos

Simona Weller ha impresso una svolta energica a quella sua tipica grafia a tessitura con cui ha costruito in anni recenti un vero e proprio sistema figurativo piene di sottili varianti interne ma sorretto da una continuità e una coerenza ammirevoli.
Ne ha detto bene Alberto Veca quando notava, a proposito di certe opere molto significative della Weller come l’insieme potesse essere percepito quale tabella “dove si accumulano, solo apparentemente a caso, episodi, memorie, appunti di parole e di figure, in un procedere continuo, interrotto solo per i limiti fisici del supporto perché, altrimenti, il discorso sarebbe all’infinito”.
E proprio questo sembra essere successo nella produzione ultima dell’ artista che affronta con maggiore energia e determinazione rispetto al passato il tema del limite apparentemente imposto dal suo stesso linguaggio e poi di fatto superato in un continuo andirivieni di argomenti e spunti sempre nuovi e sempre connessi con un preciso precedente.

In questi lavori che ora l’artista presenta, quale nuovo ciclo dotato di una propria intima organicità, si ha l’impressione che il flusso incessante della gremita scrittura che aveva invaso fino a poco tempo fa lo spazio del suo immaginario si sia ingigantito e trasformato in una sorta di onda irrefrenabile che acquista sempre più spessore e perentorietà.

La discrezione, a ben vedere, sembra essere stata per molto tempo una caratteristica dell’arte di Simona Weller che ha lavorato con la mentalità di certi antichi quando attirano l’ osservatore nel proprio spazio rendendolo edotto, prima di ogni altra cosa, della difficoltà di intendere fino in fondo il linguaggio in sé dell’artista. Questi parla, e nel caso della Weller scrive, ma non necessariamente spiega, e solo chi vuole intendere intenderà. C’è in questo atteggiamento un misto di pudicizia e di orgoglio che ha reso tanti lavori della Weller singolarmente affascinanti.
C’è stata e c’è in lei la consapevolezza di un modo di esprimersi che vela e svela attestandosi su grandi principi strutturali e camminando implacabilmente nello spazio estetico, saturando o allentando la stretta in una ampiezza del segno e dell’ espressione che hanno uno splendido esito nell’armonia della composizione e nella pregnanza del segno. Ma ecco che questa discrezione e questa riservatezza appaiono come violate o perlomeno ripensate nelle opere recentissime. Vi si sente una sorta di “urlo” dell’artista abituata alla micrografia e all’impercettibile succedersi di flussi di materia.

In questi quadri ultimissimi il colore è netto e forte, il segno assume la forma dilatata dei suoi stessi messaggi cifrati, dispersi in mille rivoli e in innumerevoli dettagli, ma adesso come accantonati a favore di un diverso stato d’animo. Ora gli elementi costitutivi dell’opera sono pochi e nettamente definiti. Un impeto di trascinamento del proprio entusiasmo ha ricollocato Simona Weller in uno spazio inatteso che ha molti riferimenti con il suo stesso passato e pochissimi con la tradizione aniconica della pittura italiana.
Un olio su carta di parecchi anni fa si chiama “La pittura è facile e difficile come l’amore”. Ora tutta la sua opera potrebbe intitolarsi così. È evidente che questi lavori recentissimi scaturiscono da un impulso amoroso ed è altrettanto logico che i segni scaturiscano da quell’elemento, il mare, che è stato sempre al centro dell’attenzione dell’artista.

I mari di fuoco che interessarono la Weller già negli anni settanta ritornano rafforzati e felici in una serie da cui scaturisce energia e intima soddisfazione. Tutta l’arte di Simona Weller è “naturale” nel senso che l’ispirazione nasce e si sviluppa attraverso l’osservazione delle trame fitte e multiformi riscontrabili nell’ intrecciarsi degli elementi del mondo che ci circonda tra l’ erba dei prati, la luna nel cielo, il volo degli uccelli, la continuità tra la campagna e il mare, la luce abbacinante del sole.

La Weller fa da sempre una pittura “realistica” perché nulla entra nella sua immaginazione di pittrice che non sia già transitato nel concreto dell’esperienza esistenziale, dove una passeggiata o la lettura di una poesia fanno parte, a parità e a pieno titolo, del bagaglio dell’artista sempre pronta a farne materia vera di espressione.
È remota dal suo orizzonte creativo l’idea dell’astrazione perché le immagini che si formano nell’opera sono vere e sostanziali cognizioni visive che si organizzano in sequenze e in autentici cicli per restituire a chi guarda la stessa tipologia di emozione e di stupefazione che l’artista trova sul suo cammino.

C’è dentro il suo immaginario un’idea antichissima e sempre ricorrente nelle più diverse forme artistiche di epoche remote o incombenti su di noi. È l’idea del contrasto tra Caos e Cosmos che ciascuno conosce a modo suo e ciascuno avverte come principi supremi e ordinatori del tutto.
La Weller è sempre in traccia dei segni delle cose e questi lavori ne danno una vivida immagine in una fase culminante della sua carriera di artista consapevole di sé e del senso profondo della sua pittura, una “lavagna per pensare” come lei stessa ebbe occasione di definirla qualche tempo fa nel titolo di un’opera assai bella.

Roma, Gennaio 2007