Nanda Vigo - 1985


Vestire la parola con il complemento materico della pittura

…parlando del tuo lavoro e semplificando altri processi analettici di fase surreale e mnemonica.

Ci conosciamo soprattutto dagli anni settanta con una lunga frequentazione calicese, scandita dal tuo vivere a Finalborgo e delle mostre al Punto e da Rotelli. I primi lavori erano tramati dalla scrittura infantile e dalla casualità di questa con quel tuo "Inseguire le righe", anziché svolgere un linguaggio letterario. Ed è stato appunto il "seguire le righe" dentro significati altri, che mi pare ti abbia incentivato a far diventare il segno scritto, solo una trama per scrivere la pittura, e sono questi, i lavori che più mi interessano, sebbene, tanta pittura, allora, mi sembrasse strana, quando noi da anni, lavoravamo solo sui materiali rivisitati, quindi sull'oggetto e mai sulla superficie quadro.

Oggi, vedo con più affetto il tuo insistere pittorico, non certo perché la pittura sia stata rivalutata da furbi censori dell'analettico, ma in quanto il tuo lavoro sta a dimostrare come, il fare pittura, nel contemporaneo, non voglia necessariamente voler pescare nel torbido di esperienze già distintesi nelle avanguardie dal Seicento al Novecento, e che quindi tu possa escludere l'emblematico, il confortante, l'estroverso sicuro: "POST".
Mi ricordo, nel settantadue, al mio matrimonio, al quale intervenisti con Cesare Vivaldi, come testimoni, con un grande cappello da sposalizio bene, e poi, parlammo a lungo della problematica sociale del non inserimento nelle arti visive dell'operare artistico al femminile, così, nel settantasei, tu riuscisti a mettere insieme (intendo, faticosa la raccolta e l'edizione) Il Complesso di Michelangelo, di cui ero in disaccordo solo sul titolo. Perché, perdio, fare arte non è un complesso, ma una necessità che non dovrebbe fare distinzioni di sesso.
Anche se certo, una donna, possa semmai avere il complesso della famiglia a cui è legata da secolare tradizione.

Tutto questo, non ti ha però impedito di fare buona pittura, e ti auguro di farne ancora, al di là degli schemi retrivi dell'allucinante prigionia del costume, raccogli semmai la poetica che la sensibilità del tuo ESSERE può esaltare, azzerare mai.
Ciao Simona, buon lavoro.

Milano, Luglio 1985